... se ha davvero un senso mantenere un blog che non è più frequentato da nessuno. E' vero che si scrive per se stessi ma se nessuno legge i tuoi post perchè continuare a scrivere? Non interessa più a nessuno quello che vorrei condividere con gli altri bloggers?
Spesso mi viene voglia di chiudere questo blog che ho aperto speranzoso e che aggiorno appena riesco ad avere un pò di tempo ma ultimamente le visite sono zero ed allora torno a chiedermi che senso ha.
Chiudo o non chiudo? Questo è il dilemma!
Accetto consigli da chiunque voglia darmene.
mercoledì 23 novembre 2011
venerdì 4 novembre 2011
IL GIORNO DIVENTÒ PICCOLO…
Il Giorno diventò piccolo, circondato tutto
Dalla precoce, incombente Notte -
Il Pomeriggio in Sera profonda
La sua Gialla brevità distillò -
I Venti smorzarono i loro passi marziali
Le Foglie ottennero tregua -
Novembre appese il suo Cappello di Granito
A un chiodo di Felpa -
EMILY DICKINSON
(1866, da “Tutte le poesie”)
Dalla precoce, incombente Notte -
Il Pomeriggio in Sera profonda
La sua Gialla brevità distillò -
I Venti smorzarono i loro passi marziali
Le Foglie ottennero tregua -
Novembre appese il suo Cappello di Granito
A un chiodo di Felpa -
EMILY DICKINSON
(1866, da “Tutte le poesie”)
venerdì 21 ottobre 2011
ALBERO SPOGLIO
venerdì 7 ottobre 2011
Ottobre
Un tempo, era d'estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all'autunno
dal colore che inebria;
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest'aria che odora
di mosto e di vino
di questo vecchio sole ottobrino
che splende nelle vigne saccheggiate.
(V. Cardarelli)
venerdì 9 settembre 2011
SETTEMBRE
Chiaro cielo di settembre
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.
ATTILIO BERTOLUCCI “Sirio” 1929
illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come i pensieri d’amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore.
ATTILIO BERTOLUCCI “Sirio” 1929
martedì 9 agosto 2011
La torta per il mio compleanno
Ieri è stato il mio 27° compleanno ed Erika con l'aiuto di Mattia ha realizzato una torta originalissima che ha visto su internet ed il risultato è sorprendente.
Sono un appassionato delle Harley Davidson e dai 18 anni in poi ne ho sempre avuta una nera, mai la stessa!
La sorpresa nel vedere cosa sono stati capaci di fare Erika e Mattia è stata immensa!
L'immagine della torta non è quella della mia che ieri è sparita in un baleno ma è quella che li ha ispirati.
Che ne dite?
P.S. Nella mia torta la moto era tutta nera, realizzata con la liquirizia.
Il ripieno è fatto con Nutella che è un'altra mia passione!
Sono un appassionato delle Harley Davidson e dai 18 anni in poi ne ho sempre avuta una nera, mai la stessa!
La sorpresa nel vedere cosa sono stati capaci di fare Erika e Mattia è stata immensa!
L'immagine della torta non è quella della mia che ieri è sparita in un baleno ma è quella che li ha ispirati.
Che ne dite?
P.S. Nella mia torta la moto era tutta nera, realizzata con la liquirizia.
Il ripieno è fatto con Nutella che è un'altra mia passione!
mercoledì 3 agosto 2011
LA LEGGENDA DELLA STELLA ALPINA
Molti e molti secoli fa, quando quelle meravigliose montagne, chiamate oggi Dolomiti, emersero dalle acque che a quei tempi sommergevano buona parte del nostro globo, scesero sulla Terra delle Creature favolose fatte di fumo e di nebbia, di lembi di nuvole e di arcobaleno.
Erano gli Spiriti-delle-Cose-non-create che cominciarono a dar forma e vita agli alberi, alle erbe, ai fiori.
Gli alberi si moltiplicarono in poco tempo e ricoprirono molte zone sotto le pendici di quelle montagne. Erano abeti, larici, pini. Sulle colline nacquero le betulle e il sorbo, il frassino e il castagno. Le erbe formarono immense distese di prati lussureggianti, che discendevano dai ghiaioni fino alle piane in dolci declivi o arditi pendii. I fiori spuntarono: nei boschi c'erano i piccoli garofani cremisi e i ciclamini, nei prati anemoni gialli, clematidi viola, primule bianche e colchici lillà. E fiori spuntarono nelle paludi: erano giaggioli, gladioli, narcisi...
Altri ne nacquero sulle rive dei laghi e sugli specchi d'acqua, come le ninfee bianchissime e i nannufari gialli. Ancora spuntarono le aquilegie, le pulsatille, le peonie e i papaveri alpini. E moltissimi altri dai colori delicati e luminosi.
Sotto le ultime rocce ecco prosperare i primi "baranci" o pini mughi. Accanto sorsero gli arbusti dei rododendri color rosso, i raponzoli di roccia e le meravigliose genziane turchine. Cosi ogni cosa ebbe il "suo" fiore e le genti che vivevano in quelle vallate fra le montagne ne godettero e ringraziarono il cielo e la natura.
Ma in mezzo a tutte quelle meraviglie c'era qualcuno che soffriva in silenzio: era la Grande Montagna di Lavaredo, nuda e dirupata, scanalata da lunghi camini verticali nei quali colava- no le gelide stille dei ghiacciai perenni, tagliata orizzontalmente dalle cenge e scarnita dalle acque in orridi strapiombi...
Solo le sue pareti altissime, spesso lisce e diritte come pale, riflettevano la luce del sole che alla sera le accarezzava con gli ultimi raggi infuocati. La Grande Montagna allora sembrava diventare trasparente come cristallo, diafana come un lembo di nuvola...
Ma quella straordinaria carezza del sole non poteva renderla felice. Essa ammirava dall'alto i sottostanti pianori verdi, rigogliosi e fioriti, le fìtte abetaie, i laghetti verdazzuri... Ognuna di queste "cose" possedeva un "fiore"! Perfino la neve ne aveva uno: un timido fiorellino bianco, a forma di campanellino chiamato Bucaneve, che all'inizio della primavera forava quella bianca coltre per emergere diritto e luminoso.
La Grande Montagna cominciò a lamentarsi: "A cosa serve essere cosi alta e imponente se la natura non mi vuole donare neanche un piccolo fiore? Le mie rocce sono aspre, nude, scarnite e tristi... Se la Terra non si vuole ricordare di me, io mi rivolgerò al Cielo!".
E nella notte profonda essa tentò di raggiungere la cupola del cielo per prendere almeno una stella che adornasse le sue rocce così cupe.
Invano!
Le stelle brillavano misteriosamente nel cielo turchino, troppo lontano e la Montagna si sentiva sempre più triste e si lamentava con la voce del vento che vorticava attorno alle sue alte cime. Allora le slavine scendevano a valle, i macigni ruzzolavano dalle sue pareti scabre e tenebrose rimbalzando con cupo rumore di roccia in roccia, la tempesta scendeva in lunghi rivoli d'acqua in un diluvio di lacrime.
La udì finalmente il vento del Nord, che riportò i suoi lamenti alla più bella delle Fate: Samblàna, che viveva da tempo lontanissimo fra gli spalti delle Dolomiti.
La Fata comprese l'angoscia della Grande Montagna e una notte si levò nell'alto del cielo per cogliere una stellina lucente.
Presala delicatamente fra le sue dita, ella si diresse verso la più alta vetta delle Tre Cime di Lavaredo e la depose fra le rocce. Poi la toccò e la trasformò in un meraviglioso fiore stellato, dai petali vellutati, bianco come la neve e la chiamò 'stella alpina'.
Così la Grande Montagna ebbe anch'essa il suo magnifico fiore!
In seguito le 'stelle alpine' si moltiplicarono; nacquero sulle Crode, sugli spalti rocciosi, sui picchi inviolati...
E diventarono i fiori più pregiati delle Dolomiti.
Da "Dolomiti: storie e leggende" di G. Monfosco
Erano gli Spiriti-delle-Cose-non-create che cominciarono a dar forma e vita agli alberi, alle erbe, ai fiori.
Gli alberi si moltiplicarono in poco tempo e ricoprirono molte zone sotto le pendici di quelle montagne. Erano abeti, larici, pini. Sulle colline nacquero le betulle e il sorbo, il frassino e il castagno. Le erbe formarono immense distese di prati lussureggianti, che discendevano dai ghiaioni fino alle piane in dolci declivi o arditi pendii. I fiori spuntarono: nei boschi c'erano i piccoli garofani cremisi e i ciclamini, nei prati anemoni gialli, clematidi viola, primule bianche e colchici lillà. E fiori spuntarono nelle paludi: erano giaggioli, gladioli, narcisi...
Altri ne nacquero sulle rive dei laghi e sugli specchi d'acqua, come le ninfee bianchissime e i nannufari gialli. Ancora spuntarono le aquilegie, le pulsatille, le peonie e i papaveri alpini. E moltissimi altri dai colori delicati e luminosi.
Sotto le ultime rocce ecco prosperare i primi "baranci" o pini mughi. Accanto sorsero gli arbusti dei rododendri color rosso, i raponzoli di roccia e le meravigliose genziane turchine. Cosi ogni cosa ebbe il "suo" fiore e le genti che vivevano in quelle vallate fra le montagne ne godettero e ringraziarono il cielo e la natura.
Ma in mezzo a tutte quelle meraviglie c'era qualcuno che soffriva in silenzio: era la Grande Montagna di Lavaredo, nuda e dirupata, scanalata da lunghi camini verticali nei quali colava- no le gelide stille dei ghiacciai perenni, tagliata orizzontalmente dalle cenge e scarnita dalle acque in orridi strapiombi...
Solo le sue pareti altissime, spesso lisce e diritte come pale, riflettevano la luce del sole che alla sera le accarezzava con gli ultimi raggi infuocati. La Grande Montagna allora sembrava diventare trasparente come cristallo, diafana come un lembo di nuvola...
Ma quella straordinaria carezza del sole non poteva renderla felice. Essa ammirava dall'alto i sottostanti pianori verdi, rigogliosi e fioriti, le fìtte abetaie, i laghetti verdazzuri... Ognuna di queste "cose" possedeva un "fiore"! Perfino la neve ne aveva uno: un timido fiorellino bianco, a forma di campanellino chiamato Bucaneve, che all'inizio della primavera forava quella bianca coltre per emergere diritto e luminoso.
La Grande Montagna cominciò a lamentarsi: "A cosa serve essere cosi alta e imponente se la natura non mi vuole donare neanche un piccolo fiore? Le mie rocce sono aspre, nude, scarnite e tristi... Se la Terra non si vuole ricordare di me, io mi rivolgerò al Cielo!".
E nella notte profonda essa tentò di raggiungere la cupola del cielo per prendere almeno una stella che adornasse le sue rocce così cupe.
Invano!
Le stelle brillavano misteriosamente nel cielo turchino, troppo lontano e la Montagna si sentiva sempre più triste e si lamentava con la voce del vento che vorticava attorno alle sue alte cime. Allora le slavine scendevano a valle, i macigni ruzzolavano dalle sue pareti scabre e tenebrose rimbalzando con cupo rumore di roccia in roccia, la tempesta scendeva in lunghi rivoli d'acqua in un diluvio di lacrime.
La udì finalmente il vento del Nord, che riportò i suoi lamenti alla più bella delle Fate: Samblàna, che viveva da tempo lontanissimo fra gli spalti delle Dolomiti.
La Fata comprese l'angoscia della Grande Montagna e una notte si levò nell'alto del cielo per cogliere una stellina lucente.
Presala delicatamente fra le sue dita, ella si diresse verso la più alta vetta delle Tre Cime di Lavaredo e la depose fra le rocce. Poi la toccò e la trasformò in un meraviglioso fiore stellato, dai petali vellutati, bianco come la neve e la chiamò 'stella alpina'.
Così la Grande Montagna ebbe anch'essa il suo magnifico fiore!
In seguito le 'stelle alpine' si moltiplicarono; nacquero sulle Crode, sugli spalti rocciosi, sui picchi inviolati...
E diventarono i fiori più pregiati delle Dolomiti.
Da "Dolomiti: storie e leggende" di G. Monfosco
lunedì 1 agosto 2011
Buon compleanno Mattia!
Sono passati già 4 anni da quella mattina del 1° agosto quando sei nato.
Ricordo ancora la mia grande emozione pochi minuti prima del lieto evento e alle 7 la mia grande gioia nel sentire il tuo primo vagito.
Eri già bellissimo ed ero orgoglioso perchè mi somigliavi tantissimo.
Erika era ancora più bella del solito e c'era una luce particolare nei suoi occhi blu.
Ora sei cresciuto e sulla tua torta ci saranno 4 candeline e mamma, io, i nonni, lo zio e tutti gli amici a festeggiarti.
Buon compleanno Mattia!
Ricordo ancora la mia grande emozione pochi minuti prima del lieto evento e alle 7 la mia grande gioia nel sentire il tuo primo vagito.
Eri già bellissimo ed ero orgoglioso perchè mi somigliavi tantissimo.
Erika era ancora più bella del solito e c'era una luce particolare nei suoi occhi blu.
Ora sei cresciuto e sulla tua torta ci saranno 4 candeline e mamma, io, i nonni, lo zio e tutti gli amici a festeggiarti.
Buon compleanno Mattia!
lunedì 25 luglio 2011
Lago di Carezza
Il lago di Carezza (Karersee in tedesco) è un piccolo lago alpino situato nell'alta Val d'Ega a 1.534 m nel comune di Nova Levante (BZ), a circa 25 km da Bolzano. È incastonato tra fitti boschi di abeti e si trova sotto le pendici del massiccio del Latemar, che si specchia nella sua acqua cristallina.
Il lago è noto per i suoi meravigliosi colori e per questo nella lingua ladina viene chiamato anche "Lec de Ergobando" (o "arcoboàn"), cioè "lago dell'arcobaleno". Il nome del lago deriva, secondo la Guida del Touring Club Italiano, dalle "Caricaceae", famiglia di piante dalle foglie larghe lobate ("carezza" sarebbe l’adattamento italiano del termine dialettale locale che indica queste piante).
Il lago è privo di immissari visibili ed è alimentato da sorgenti sotterranee. La sua estensione e la sua profondità variano a seconda della stagione e delle condizioni meteorologiche: il livello più alto è raggiunto normalmente in tarda primavera con lo scioglimento delle nevi. In tale periodo raggiunge una larghezza di 287 m ed una larghezza di 137 m, mentre il punto più profondo corrisponde a circa 17 m. L'acqua di supero scorre nel ruscello che sgorga ad ovest del lago. Nei mesi successivi, il livello dell'acqua cala, finché verso la fine di ottobre il lago raggiunge il livello dell'acqua più basso, con una profondità di soli 6 m. In inverno il lago di solito gela.
La temperatura massima dell'acqua (13 °C) viene registrata nel mese di agosto.
Il lago è oggi una delle mete turistiche classiche del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Anche nella stagione invernale viene spesso visitato da sommozzatori, che effettuano volentieri le loro riprese subacquee sotto uno spesso strato di ghiaccio e registrano nei documentari i giochi di colori delle acque sotterranee. Il piccolo lago di montagna è celebre soprattutto per le sue placide acque, di colore verde cupo, e per il bel panorama di montagna con il gruppo del Catinaccio ed il Latemar sullo sfondo.
È raggiungibile attraverso la strada statale 241 (strada statale della Val d'Ega). La strada, molto trafficata soprattutto d'estate, attraverso il passo di Costalunga, situato nelle immediate vicinanze del lago, porta a Vigo di Fassa, dove si collega con la strada statale 48 delle Dolomiti.
Attorno al lago è percorribile un sentiero attrezzato, ma non è consentito accedere alle sue rive. È particolarmente bello alla sera e al primo mattino, quando il gruppo montuoso del Latemar con il verde della foresta di Carezza si specchia nelle acque cristalline del lago.
Lo spettacolare aspetto del lago ha da sempre generato ammirazione e meraviglia. Intorno ad esso si raccolgono molte leggende altoatesine e numerosi scrittori e poeti ne hanno fatto il motivo di ispirazione dei loro dipinti e racconti. Le sue caratteristiche derivano dalla leggenda della bellissima Ondina, ninfa che ne abitava le acque. Lo stregone del Latemar se ne era innamorato e tentò più volte di rapirla. Un giorno, consigliato dalla Stria del Masarè, fece apparire sopra il Lago di Carezza un bellissimo arcobaleno allo scopo di attrarre la ninfa. Quando quest'ultima uscì dalle acque vide lo stregone e fuggì spaventata. Allora il mago, preso da gran furore, prese l'arcobaleno e lo gettò in mille pezzi nel lago. Da quel giorno nelle acque del Lago di Carezza si rispecchiano tutti i colori dell'iride.
Il lago è noto per i suoi meravigliosi colori e per questo nella lingua ladina viene chiamato anche "Lec de Ergobando" (o "arcoboàn"), cioè "lago dell'arcobaleno". Il nome del lago deriva, secondo la Guida del Touring Club Italiano, dalle "Caricaceae", famiglia di piante dalle foglie larghe lobate ("carezza" sarebbe l’adattamento italiano del termine dialettale locale che indica queste piante).
Il lago è privo di immissari visibili ed è alimentato da sorgenti sotterranee. La sua estensione e la sua profondità variano a seconda della stagione e delle condizioni meteorologiche: il livello più alto è raggiunto normalmente in tarda primavera con lo scioglimento delle nevi. In tale periodo raggiunge una larghezza di 287 m ed una larghezza di 137 m, mentre il punto più profondo corrisponde a circa 17 m. L'acqua di supero scorre nel ruscello che sgorga ad ovest del lago. Nei mesi successivi, il livello dell'acqua cala, finché verso la fine di ottobre il lago raggiunge il livello dell'acqua più basso, con una profondità di soli 6 m. In inverno il lago di solito gela.
La temperatura massima dell'acqua (13 °C) viene registrata nel mese di agosto.
Il lago è oggi una delle mete turistiche classiche del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Anche nella stagione invernale viene spesso visitato da sommozzatori, che effettuano volentieri le loro riprese subacquee sotto uno spesso strato di ghiaccio e registrano nei documentari i giochi di colori delle acque sotterranee. Il piccolo lago di montagna è celebre soprattutto per le sue placide acque, di colore verde cupo, e per il bel panorama di montagna con il gruppo del Catinaccio ed il Latemar sullo sfondo.
È raggiungibile attraverso la strada statale 241 (strada statale della Val d'Ega). La strada, molto trafficata soprattutto d'estate, attraverso il passo di Costalunga, situato nelle immediate vicinanze del lago, porta a Vigo di Fassa, dove si collega con la strada statale 48 delle Dolomiti.
Attorno al lago è percorribile un sentiero attrezzato, ma non è consentito accedere alle sue rive. È particolarmente bello alla sera e al primo mattino, quando il gruppo montuoso del Latemar con il verde della foresta di Carezza si specchia nelle acque cristalline del lago.
Lo spettacolare aspetto del lago ha da sempre generato ammirazione e meraviglia. Intorno ad esso si raccolgono molte leggende altoatesine e numerosi scrittori e poeti ne hanno fatto il motivo di ispirazione dei loro dipinti e racconti. Le sue caratteristiche derivano dalla leggenda della bellissima Ondina, ninfa che ne abitava le acque. Lo stregone del Latemar se ne era innamorato e tentò più volte di rapirla. Un giorno, consigliato dalla Stria del Masarè, fece apparire sopra il Lago di Carezza un bellissimo arcobaleno allo scopo di attrarre la ninfa. Quando quest'ultima uscì dalle acque vide lo stregone e fuggì spaventata. Allora il mago, preso da gran furore, prese l'arcobaleno e lo gettò in mille pezzi nel lago. Da quel giorno nelle acque del Lago di Carezza si rispecchiano tutti i colori dell'iride.
giovedì 21 luglio 2011
giovedì 30 giugno 2011
giovedì 23 giugno 2011
Vento di Prima Estate
A quest'ora il sangue
del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente;
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.
G. Caproni
del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente;
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.
G. Caproni
giovedì 16 giugno 2011
La mia lunga assenza...
E' quasi un mese e mezzo che non posto più e sono passato raramente nel blog non perchè non ne avessi più voglia ma per mancanza di tempo.
In questo lunghissimo periodo sono successe molte cose e per fortuna tutte piacevoli. L'11 maggio mio padre ha compiuto 50 anni, l'1 giugno li ha compiti mia madre e in entrambi i casi abbiamo festeggiato alla grande. Il 4 giugno un doppio avvenimento, Erika ha compito 26 anni ed è stato anche il nostro 4° anniversario di matrimonio ed anche in questo caso non sono mancati i festeggiamenti.
Stiamo tutti benone e voi come ve la passate?
Erika, Mattia ed io vi salutiamo con grande affetto
In questo lunghissimo periodo sono successe molte cose e per fortuna tutte piacevoli. L'11 maggio mio padre ha compiuto 50 anni, l'1 giugno li ha compiti mia madre e in entrambi i casi abbiamo festeggiato alla grande. Il 4 giugno un doppio avvenimento, Erika ha compito 26 anni ed è stato anche il nostro 4° anniversario di matrimonio ed anche in questo caso non sono mancati i festeggiamenti.
Stiamo tutti benone e voi come ve la passate?
Erika, Mattia ed io vi salutiamo con grande affetto
martedì 3 maggio 2011
Un passo dal cielo
giovedì 21 aprile 2011
martedì 5 aprile 2011
Sera quieta
Pioggerella d'aprile, friggìo di mille grilli
sullo specchio sognante dell'acqua cristallina;
smorza un usignoletto tra il fogliame i suoi trilli,
scende, dolce pispiglio, la mia pioggerellina.
Momenti cheti, semplici, in cui vivere è santo.
Sembra che nulla accada, molto accaduto è già...
La pioggia e un uccellino t'hanno intessuto un canto;
serbalo fresco in cuore, forse ti servirà.
Jarl Hemmer
sullo specchio sognante dell'acqua cristallina;
smorza un usignoletto tra il fogliame i suoi trilli,
scende, dolce pispiglio, la mia pioggerellina.
Momenti cheti, semplici, in cui vivere è santo.
Sembra che nulla accada, molto accaduto è già...
La pioggia e un uccellino t'hanno intessuto un canto;
serbalo fresco in cuore, forse ti servirà.
Jarl Hemmer
venerdì 1 aprile 2011
Cioccolato per dimagrire
In Olanda è stato inventato un cioccolato disponibile in tantissimi gusti che, pur se mangiato in grandissima quantità, riesce in pochissimo tempo a far perdere molto peso anche a chi ha provato tutte le diete senza alcun risultato. Il cioccolato è molto gradevole e può essere consumato in formato tavolette, cioccolatini ed anche cacao in polvere e tutti di qualità eccellente e presto verrà importato anche in Italia. Non è una notizia strepitosa?
martedì 22 marzo 2011
Primavera
Oggi la primavera
é un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi:
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce:
Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione.
Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
d'umori campestri.
Ebbra la primavera
corre nel sangue.
(V.Cardarelli)
é un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi:
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce:
Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione.
Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
d'umori campestri.
Ebbra la primavera
corre nel sangue.
(V.Cardarelli)
mercoledì 9 marzo 2011
martedì 8 marzo 2011
Carnevale vecchio e pazzo
Carnevale vecchio e pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.
Gabriele D'Annunzio
s'è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.
Gabriele D'Annunzio
giovedì 3 marzo 2011
Il girotondo delle maschere
E' Gianduia torinese
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino.
Veneziano è Panatalone,
con l'allegra Colombina.
Di Bologna Balanzone,
con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino:
Pur romano è Meo Patacca.
Siciliano Peppenappa,
di Verona Fracanappa
e Pulcinella napoletano.
Lieti e concordi si dan la mano;
vengon da luoghi tanto lontani,
ma son fratelli, sono italiani.
G. Gaida
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino.
Veneziano è Panatalone,
con l'allegra Colombina.
Di Bologna Balanzone,
con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino:
Pur romano è Meo Patacca.
Siciliano Peppenappa,
di Verona Fracanappa
e Pulcinella napoletano.
Lieti e concordi si dan la mano;
vengon da luoghi tanto lontani,
ma son fratelli, sono italiani.
G. Gaida
giovedì 17 febbraio 2011
martedì 15 febbraio 2011
MEDICI...
Quattro chirurghi discutono in ospedale della loro professione in un momento di pausa.
1. Il primo comincia: "Preferisco avere degli ingegneri sul mio tavolo operatorio. Quando li apro, tutto all'interno è numerato correttamente..."
2. "Si, ma dovreste vedere gli elettricisti! Tutto è codificato a colori all'interno, impossibile sbagliarsi!", aggiunge il secondo.
3. "Io penso sinceramente che i bibliotecari siano i migliori. Tutto è classificato in ordine alfabetico", replica il terzo.
4. L'ultimo chirurgo prende quindi la parola: "I più facili da operare sono i capi. Non hanno cuore, non c'è cervello, niente colonna vertebrale ed inoltre la faccia e il c..o sono intercambiabili".
Questa simpaticissima barzelletta mi è stata inviata da un carissima amica e mi ha fatto ridere di cuore, spero piaccia anche a voi!
1. Il primo comincia: "Preferisco avere degli ingegneri sul mio tavolo operatorio. Quando li apro, tutto all'interno è numerato correttamente..."
2. "Si, ma dovreste vedere gli elettricisti! Tutto è codificato a colori all'interno, impossibile sbagliarsi!", aggiunge il secondo.
3. "Io penso sinceramente che i bibliotecari siano i migliori. Tutto è classificato in ordine alfabetico", replica il terzo.
4. L'ultimo chirurgo prende quindi la parola: "I più facili da operare sono i capi. Non hanno cuore, non c'è cervello, niente colonna vertebrale ed inoltre la faccia e il c..o sono intercambiabili".
Questa simpaticissima barzelletta mi è stata inviata da un carissima amica e mi ha fatto ridere di cuore, spero piaccia anche a voi!
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