Carnevale Tirolo austriaco

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mercoledì 3 agosto 2011

LA LEGGENDA DELLA STELLA ALPINA

Molti e molti secoli fa, quando quelle meravigliose montagne, chiamate oggi Dolomiti, emersero dalle acque che a quei tempi sommergevano buona parte del nostro globo, scesero sulla Terra delle Creature favolose fatte di fumo e di nebbia, di lembi di nuvole e di arcobaleno.
Erano gli Spiriti-delle-Cose-non-create che cominciarono a dar forma e vita agli alberi, alle erbe, ai fiori.
Gli alberi si moltiplicarono in poco tempo e ricoprirono molte zone sotto le pendici di quelle montagne. Erano abeti, larici, pini. Sulle colline nacquero le betulle e il sorbo, il frassino e il castagno. Le erbe formarono immense distese di prati lussureggianti, che discendevano dai ghiaioni fino alle piane in dolci declivi o arditi pendii. I fiori spuntarono: nei boschi c'erano i piccoli garofani cremisi e i ciclamini, nei prati anemoni gialli, clematidi viola, primule bianche e colchici lillà. E fiori spuntarono nelle paludi: erano giaggioli, gladioli, narcisi...
Altri ne nacquero sulle rive dei laghi e sugli specchi d'acqua, come le ninfee bianchissime e i nannufari gialli. Ancora spuntarono le aquilegie, le pulsatille, le peonie e i papaveri alpini. E moltissimi altri dai colori delicati e luminosi.
Sotto le ultime rocce ecco prosperare i primi "baranci" o pini mughi. Accanto sorsero gli arbusti dei rododendri color rosso, i raponzoli di roccia e le meravigliose genziane turchine. Cosi ogni cosa ebbe il "suo" fiore e le genti che vivevano in quelle vallate fra le montagne ne godettero e ringraziarono il cielo e la natura.
Ma in mezzo a tutte quelle meraviglie c'era qualcuno che soffriva in silenzio: era la Grande Montagna di Lavaredo, nuda e dirupata, scanalata da lunghi camini verticali nei quali colava- no le gelide stille dei ghiacciai perenni, tagliata orizzontalmente dalle cenge e scarnita dalle acque in orridi strapiombi...
Solo le sue pareti altissime, spesso lisce e diritte come pale, riflettevano la luce del sole che alla sera le accarezzava con gli ultimi raggi infuocati. La Grande Montagna allora sembrava diventare trasparente come cristallo, diafana come un lembo di nuvola...
Ma quella straordinaria carezza del sole non poteva renderla felice. Essa ammirava dall'alto i sottostanti pianori verdi, rigogliosi e fioriti, le fìtte abetaie, i laghetti verdazzuri... Ognuna di queste "cose" possedeva un "fiore"! Perfino la neve ne aveva uno: un timido fiorellino bianco, a forma di campanellino chiamato Bucaneve, che all'inizio della primavera forava quella bianca coltre per emergere diritto e luminoso.
La Grande Montagna cominciò a lamentarsi: "A cosa serve essere cosi alta e imponente se la natura non mi vuole donare neanche un piccolo fiore? Le mie rocce sono aspre, nude, scarnite e tristi... Se la Terra non si vuole ricordare di me, io mi rivolgerò al Cielo!".
E nella notte profonda essa tentò di raggiungere la cupola del cielo per prendere almeno una stella che adornasse le sue rocce così cupe.
Invano!
Le stelle brillavano misteriosamente nel cielo turchino, troppo lontano e la Montagna si sentiva sempre più triste e si lamentava con la voce del vento che vorticava attorno alle sue alte cime. Allora le slavine scendevano a valle, i macigni ruzzolavano dalle sue pareti scabre e tenebrose rimbalzando con cupo rumore di roccia in roccia, la tempesta scendeva in lunghi rivoli d'acqua in un diluvio di lacrime.
La udì finalmente il vento del Nord, che riportò i suoi lamenti alla più bella delle Fate: Samblàna, che viveva da tempo lontanissimo fra gli spalti delle Dolomiti.
La Fata comprese l'angoscia della Grande Montagna e una notte si levò nell'alto del cielo per cogliere una stellina lucente.
Presala delicatamente fra le sue dita, ella si diresse verso la più alta vetta delle Tre Cime di Lavaredo e la depose fra le rocce. Poi la toccò e la trasformò in un meraviglioso fiore stellato, dai petali vellutati, bianco come la neve e la chiamò 'stella alpina'.
Così la Grande Montagna ebbe anch'essa il suo magnifico fiore!
In seguito le 'stelle alpine' si moltiplicarono; nacquero sulle Crode, sugli spalti rocciosi, sui picchi inviolati...
E diventarono i fiori più pregiati delle Dolomiti.

Da "Dolomiti: storie e leggende" di G. Monfosco

Tre Cime di Lavaredo

File:Leontopodium alpinum Szarotka alpejska 01.jpg

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